Per meglio comprendere l'essenza del Ju Jutsu è necessario conoscere un po' l'evoluzione storico-culturale del Giappone.
Nel III secolo a. C. popolazioni di incerta provenienza portarono nel paese, al tempo molto arretrato, strumenti di lavoro più evoluti e introdussero la coltura del riso che, sostituendo quella del miglio, diede avvio a una nuova organizzazione della vita sociale. La risicoltura, infatti, richiedeva, per lo scavo dei canali e la regolamentazione delle acque da un campo all'altro, un lavoro comunitario. Questo fatto demolì l'atavico egoismo che legava ogni proprietario al proprio appezzamento.
Il cambiamento nel lavoro influenzò anche la concezione della vita.La nuova consapevolezza, acquisita da ciascun individuo, di
avere un proprio ruolo all'interno della comunità ebbe come conseguenza an che la volontà di ottenere una migliore conoscenza di se stessi attraverso l'introspezione. Anche il buddismo, secondo cui la salvezza propria e altrui arriva grazie a una partecipazione attiva nella vita comunitaria, contribuì all' affermazione di questi principi. Sotto l'influenza di queste trasformazioni, si avviò un processo di democratizzazione culturale, che semplificò la scrittura e rese il testo scritto alla portata di tutti, favorendo così la nascita di una letteratura popolare.
Un ulteriore e importante stimolo venne dalla diffusione dello Zen che, attraverso una concezione severa della vita, portava l'individuo a una conoscenza approfondita delle proprie facoltà mentali e fisiche. È significativo il modo in cui lo Zen esprime i suoi consigli per giungere a questi risultati: libera il tuo cammino da tutti gli ostacoli; se Buddha intralcia il tuo cammino, uccidilo; se tuo padre o tua madre intralciano il tuo cammino uccidili.
Naturalmente Buddha o i genitori non vanno intesi come reali ostacoli da eliminare, ma come similitudini dei preconcetti mentali d'origine esterna, che impediscono una chiara lettura del nostro Io.
Dobbiamo liberare la mente da ogni complesso per acquisire la piena conoscenza di noi stessi e quindi la capacità di controllarci e vivere secondo ragione. Questi principi erano applicati particolarmente dai Samurai nella pratica di molte discipline marziali.
Antecedentemente al periodo Tokugawa ( 1603-1867), i guerrieri, coinvolti in continue campagne militari, utilizzavano tali discipline per esercitarsi. Ma a partire dal XVII secolo, il Giappone acquisiva un nuovo assetto territoriale e politico; viene meno la necessità bellica e le scuole delle arti militari (Ryu) cominciano a studiare metodi di combattimento senza armatura e senza armi. È in questo periodo che nasce il termine Ju Jutsu e nascono diverse scuole, le cui regole rispecchiano i principi fondanti della società giapponese. È evidente, infatti, la relazione esistente tra questo tipo di lotta e la cultura nipponica: lo scontro diretto e il contatto tra le parti contendenti sono evitati il più possibile; quello che si ricerca è l' armonia.
In Giappone si utilizzano i medesimi principi anche nelle negoziazioni d' affari: piuttosto che avere un sì o un no forzati, il giapponese impiega uno stile di discussione Awase (da Awaseru, che significa adattarsi). In altre parole si applica la strategia del Ju, che significa adattarsi a una situazione; questa è la strategia alla base del Ju Jutsu.
Tanto nel Dojo (la palestra) quanto nella vita di tutti i giorni i giapponesi preferiscono nell'agire la linea curva a quella retta; l'immediatezza è considerata sconveniente, insensibile, non estetica.
La medesima tattica è usata nel Ju Jutsu, per il quale il movimento circolare è considerato non solo più efficace ma esteticamente molto più apprezzabile.
Un’altra analogia di comportamento tra la società giapponese e la strategia del Ju Jutsu è evidenziata dalla contrapposizione tra Tatemae e Honne, Omote e Ura. Tatemae è ciò che è presentato palesemente, l'aspetto esteriore; Honne è l'intimo, il sentimento vero. Parallelamente Omote è il viso, l'immagine ufficiale che il singolo presenta agli altri, e Ura è il dorso, il retro, il lato intimo.
Due altri importanti elementi caratteristici dello stile culturale giapponese e del Ju Jutsu sono l'acutezza e la ricercatezza, cioè l'importanza di penetrare l'apparenza per mostrarne l'essenza. In Giappone, in somma, come nel Ju Jutsu, è importante il cosa è dentro, non ciò che è esibito. Ricordiamo che le case giapponesi avevano pareti di carta, il che ha contribuito a creare nei giapponesi questa doppia identità privato/pubblico, interno/esterno, in quanto tutto era sempre sotto gli occhi di tutti.
Altri concetti che possono farci avvicinare alla filosofia giapponese sono Wabi (la sobria raffinatezza) e Sabi (l'elegante semplicità), particolarmente evidenti nelle attività tradizionali come la cerimonia del tè (Sado), la composizione floreale (Ikebana) e la letteratura drammatica (Noh).
Ancora principi base del Ju Jutsu, come della cultura giapponese, sono Kokoro e Shinyo.
Kokoro è lo spirito, il cuore, la mente che agisce nella vita di tutti i giorni, in famiglia, nel lavoro, nelle relazioni personali. È il Kokoro a guidare le nostre ricerche personali, a qualsiasi campo esse si rivolgano. Il valore semantico del termine Kokoro è vicino a Shinyo, la verità o la capacità necessaria per avere soddisfacenti relazioni in ogni campo, che è anche una componente decisiva nel rapporto Maestro-Allievo in palestra. Questa intesa diventa Amae, amore indulgente, ma anche dipendenza tra il più anziano e il più giovane (Sempai Kohai), tra madre e figlio.
Letteralmente il cuore di questo sistema di verità, di amore e dipendenza è Seishin (mente, spirito, simile a Kokoro) che è la chiave dell'efficacia e della produttività.
È per questa adesione al quotidiano che per il Ju Jutsu all'interno ella palestra è presente una gerarchia, la distinzione tra iniziati ed esperti, il desiderio di migliorarsi, il rispetto per il Maestro.